lunedì 31 luglio 2017

Nuoce gravemente alla salute


Alfio rideva mentre Sandro gli raccontava di quel corso motivazionale per smettere di fumare che aveva fatto l’inverno prima.
Erano sotto la tettoia dell’Irish Pub per ripararsi dalla leggera, ma fastidiosa pioggerella; entrambi con una Marlboro tra le labbra e una Tennent’s in mano.
“Non è servita ad un cazzo” ribadì sprezzante, l’amico “duemila euro buttati in fumo… letteralmente”
“Te l’avevo detto io” lo riprese Alfio
“Si, si…”
“E poi non capisco questa cosa che vuoi smettere di fumare…”
“Faccio sempre più fatica a fare le scale di casa, ho l’alito che definire pesante è un eufemismo e la pelle che puzza peggio di un posacenere… dai lo sanno anche i bambini che fumare fa male” rispose Sandro
“Palle!” lo interruppe Alfio “si, forse per la puzza hai ragione, ma per il resto sono tutte storie inventate dai non-fumatori e dai salutisti per romperci i coglioni”
Schiacciò la sigaretta nell’apposito contenitore colmo di sabbia, in mezzo a decine di altre cicche e subito se ne accese un’altra.
“Mio nonno ha fumato tutta la vita” continuò Alfio “è morto ad ottantotto anni cadendo dal tetto di casa mentre ripuliva la grondaia. Mio papà ha iniziato a fumare durante il servizio militare, ma tutte le domeniche si fa venti chilometri di corsa, senza problemi. Io ho iniziato a dodici anni, da quando ne ho diciassette  fumo un pacchetto al giorno e non ho mai avuto nessun fastidio”
Fece tutto quel discorso parlando più a se stesso che all’amico, che continuava ad ascoltarlo sorseggiando la sua birra, quasi a voler giustificare un vizio che sapeva comunque essere sbagliato.
“Ce ne facciamo un’altra?” chiese Sandro indicando la bottiglia vuota.
Alfio lo fissò confuso, ancora preso dai suoi pensieri. Poi, appena si schiarì le idee rispose:
“No è meglio di no, ho già bevuto troppo”
“Allora non sei così scapestrato come vuoi far sembrare” lo prese in giro l’amico
Entrambi risero a quella battuta, prima di salutarsi.
“Ci vediamo domani in pizzeria. Buonanotte”
“Buonanotte”
Mentre attraversava la strada, Alfio si esaminò le tasche in cerca delle chiavi dell’auto. Le trovò nella tasca anteriore dei pantaloni, ma estraendole fece cadere il pacchetto stropicciato con le ultime due sigarette.

Si accucciò per raccoglierlo e ancora una volta lesse quella dicitura che tanto odiava: NUOCE  GRAVEMENTE ALLA SALUTE. Quando, rialzandosi, si accorse dei fari della macchina in arrivo fu troppo tardi.





mercoledì 26 luglio 2017

Breakfast with Scot (2007)



Eric è un ex campione di hockey, ora affermato giornalista sportivo; Sam è un avvocato e da quattro anni vivono una relazione stabile, ma complicata dal fatto che Eric non vuole che nessuno, all'infuori degli amici più fidati, e in particolare al lavoro sappiano che lui è omosessuale.
Un giorno i due vengono a sapere che l'ex compagna del fratello di Sam è morta di overdose, lasciando solo il figlio undicenne Scot, nato da una precedente relazione. Il bambino dovrebbe essere affidato al patrigno, Billy, ma l'uomo si è trasferito in Sud America, e risulta irreperibile, così è Sam che per un certo periodo si deve occupare di Scot, con disappunto di Eric, che teme che il ragazzino possa destabilizzare il loro già difficile rapporto.



Quando il bambino arriva a casa, i due notano subito che questi è evidentemente effeminato e probabilmente gay, ma lui sembra vivere questa sua natura con tutta l'ingenuità  e spensieratezza dovuta alla giovane età. Scot porterà notevole scompiglio nella vita di Eric e Sam e quando il bambino avrà i primi scontri con i compagni di scuola, sarà proprio Eric ad aiutarlo, tentando però di convincere Scot ad uno stile di vita meno appariscente. A questo punto ricompare Billy, per portare con se il ragazzino, in Brasile, ma Ed e Sam si sono affezionati molto a Scot e cercheranno di tenerlo con loro. 



Breakfast with Scot, è una simpatica e tenera commedia a tinte drammatiche, che affronta sia la scottante questione delle famiglie di omosessuali e della possibilità che queste allevino un figlio; sia la problematica di come una persona, e un bambino in particolare, sia costretto dalla società ad adattarsi ad un ruolo che non sente suo. Scot è evidentemente effeminato e forse è realmente omosessuale, ma in ciò non c'è nulla di male, è la società che pensa che un maschietto non possa andare in giro truccato o indossando abiti femminili e per questo "violenta" la vera natura del ragazzo, costringendolo a essere ciò che non è (qualcosa di simile si era già visto nel bel film belga "La mia vita in rosa").




Inoltre con questo film si vuole mostrare che esistono altri tipi di famiglia, oltre a quella tradizionale e che troppo spesso viene indicata come l'unica che possa essere definita tale e che famiglia è dove c'è affetto e amore, e non semplicemente due persone di sesso diverso che vivono assieme.
Il film non è esente da difetti, ma gli stessi hanno la controparte positiva: se la storia risulta non particolarmente nuova (di commedie coni genitori che lottano per tenere con loro il figlio adottivo, dopo che è tornata la famiglia naturale ne abbiamo viste a bizzeffe), dall'altra parte c'è la novità di rendere il piccolo protagonista effeminato, andando così ad affrontare delicati argomenti sempre attuali e contemporaneamente rendendo la commedia un po' più frizzante.  



In alcuni momenti il film può sembrare eccessivamente buonista, ma non mancano nemmeno i momenti drammatici e commoventi. La pellicola tende a concentrarsi in particolare solo su due personaggi (Eric e Scot), lasciando gli altri in secondo piano, ma così vengono messi in luce i due punti focali del film che come ho già detto sono la famiglia e la ricerca della propria identità.
Insomma una simpatica commedia, con un piccolo protagonista divertentissimo, che non mancherà di far commuovere di far riflettere.

giovedì 20 luglio 2017

Visita all'inferno


Ripropongo un vecchio racconto, ancora un po' ingenuo in alcuni passaggi, soprattutto per il finale frettoloso, ma tutto sommato ne sono abbastanza soddisfatto...e prima di ricevere critiche ingiuriose, si ho avuto ispirazioni dylandoghiane...



Fausto Bonavita era stato mandato al diavolo diverse volte, ma non aveva mai pensato che un giorno ci sarebbe potuto finire realmente.
Tutto ebbe inizio quando Lubrano Saverio, un importante cliente della Hoffman Travel, la ditta per la quale lavorava Fausto, morì d’infarto durante una partita di squash. Qualche giorno dopo, una delle segretarie si accorse che mancava una firma su uno dei documenti che avrebbero permesso all’azienda di incassare svariati milioni di euro.
Fatto sta che la firma mancante fosse proprio quella del signor Lubrano, e poiché era lui che seguiva questo cliente, Fausto fu accusato della grave perdita.
“…o mi porta quella firma o si può considerare licenziato” tuonò il direttore
“Ma è impossibile, il signor Lubrano è morto…”
“Sono affari suoi e le va bene che non posso chiederle i danni per inefficienza”
Fausto uscì dall’ufficio con il morale sotto i tacchi senza mai staccare gli occhi dalla punta delle sue scarpe, eppure sentiva lo sguardo dei colleghi pesare su di lui.
Rimase due giorni a letto non sapendo come risolvere il suo problema; poi preso dalla disperazione decise che sarebbe andato nell’aldilà per far firmare il documento al suo cliente. Si recò da un celebre chiromante che scoprì che Lubrano Saverio era finito all’inferno, e grazie all’aiuto di un buon diavolo ottenne un lasciapassare per una giornata.
Il giorno seguente scese di buon’ora fino alle sponde dello Stige e si meravigliò di trovarlo ricco di pesci di ogni sorta. Un’enorme fuoribordo era ormeggiato lungo la riva destra del fiume e sul ponte di comando un uomo vestito di tutto punto sorseggiava pacificamente un whisky on the rocks. Quando lo vide arrivare, l’uomo saltò giù dall’imbarcazione e porgendogli la mano lo salutò calorosamente:
“Il signor Bonavita suppongo”
“Si, sono io…” balbettò Fausto
“Piacere, Caronte” ribadì il diavolo “Potrebbe per cortesia mostrarmi il lasciapassare, sa com’è, non si è mai troppo sicuri nella vita”
Sempre più confuso Faustò tirò fuori il documento dal portafoglio e lo porse a Caronte.
“Bene, possiamo andare” disse questi salendo a bordo.
Durante la navigazione Fausto notò che lungo le sponde dello Stige la vegetazione cresceva rigogliosa e che centinaia di animali vagavano in piena libertà.
“Non è poi così brutto come lo si dipinge, vero?” gli chiese Caronte che aveva notato la sua perplessità. Lui scosse la stessa e continuò a guardarsi attorno; in lontananza si vedeva sorgere una città e, almeno da quella distanza, non sembrava molto diversa da quelle che lui conosceva.
Poco dopo attraccarono al molo, dove ad attendere Fausto c’era un giovane alto coi capelli ben pettinati, seduto all’interno di una fiammante Lamborghini Diablo.
“Questo è Belfagor, sarà lui ad accompagnarti ora” disse Caronte indicando il collega “Ora io devo andare, ho appuntamento con un certo Dante” strinse energicamente la mano al mortale e ripartì sul suo fuoribordo.
Fausto salì sulla lussuosa auto sportiva da dove Belfagor lo stava osservando impaziente; non aveva ancora chiuso del tutto la portiera, che il diavolo partì a razzo inchiodandolo allo schienale.
Anche ora Fausto continuò a guardarsi attorno: strade, palazzi, negozi, bar, centri commerciali brulicanti di persone, tutto sembrava come se fosse ancora nel mondo dei vivi.
“Credevo fosse diverso” disse rivoltò alla sua guida
“Cosa…?”
“L’inferno, dico, credevo fosse diverso”
Belfagor esplose in una fragorosa risata: “Scommetto che credevi di trovare un luogo arido e deserto con lingue di fuoco che escono da baratri o profondi crepacci in cui i dannati vengono infilzati coi forconi da esseri dalle sembianze caprine…”
“Si, qualcosa di simile” ammise Fausto
“No, quella è roba antica, andava bene nel medioevo, ora ci siamo modernizzati pure noi. Anche questo che vedi, non è il nostro vero aspetto, ma in un periodo in cui ciò che conta sono la superficialità e l’apparenza, abbiamo deciso di adattarci ai tempi, inoltre se ci avessi visto nella nostra vera forma saresti sicuramente impazzito.”
“Ma le punizioni…?” chiese curioso l’uomo
“Oh, quelle sono rimaste, ma come tutto il resto ha subito qualche cambiamento, diciamo che ora sono più personalizzate”
L’auto accostò lungo il marciapiede:
“Vieni ti mostro qualcosa prima di proseguire” lo invitò il diavolo “Lo vedi quello?” chiese indicando un barbone.
Fausto annuì.
“Ebbene quella persona in vita ha sottratto denaro dall’azienda in cui era direttore e ha accusato del furto alcuni impiegati che sono stati licenziati, così mentre lui si arricchiva sempre di più, molta povera gente è finita sul lastrico. Ora qui continuerà a patire la fame per l’eternità subendo umiliazioni di ogni genere.”
I due entrarono poi in quello che sembrava un ufficio statale, dove un uomo stava correndo tutto trafelato da uno sportello ad un altro.
“E lui?” chiese Fausto
“Lui è stato un assenteista cronico, ora è costretto a girare di ufficio in ufficio inutilmente, senza venire a capo del suo problema.”
Usciti dall’edificio si diressero verso il parco; lì Belfagor gli mostrò un uomo in ginocchio accanto ad una fontanella. “Quest’uomo amava molto bere, e spesso si metteva al volante completamente ubriaco, l’ultima volta gli è stata fatale. Nell’incidente che lo ha portato qui, ha ucciso un’intera famiglia. Ora dovrà soffrire la sete in eterno e appena si avvicina a qualsiasi cosa possa dargli sollievo, questa si asciuga del tutto, fosse anche soltanto una fontanella di acqua”
Il cammino lì portò poi sino ad una lussuosissima villa.
“Qui c’è la persona che cerchi” disse Belfagor “Lui è uno dei peggiori. Quand’era in vita era un pedofilo e ora viene ripagato con la stessa moneta: i diavoli più lussuriosi dell’inferno lo usano per i loro piaceri più libidinosi”
Fausto si sentì improvvisamente nauseato; vedere tutti quegli uomini che da vivi erano stati la feccia dell’umanità lo disgustava, e anche se sapeva che ora stavano soffrendo, la cosa non lo consolava affatto. Tirò fuori il documento che avrebbe dovuto far firmare al signor Lubrano e lo strappò, poi rivolgendosi a Belfagor gli disse:
“Ora vorrei tornare a casa.”

Il diavolo gli sorrise e assieme si avviarono verso i cancelli infernali. 

lunedì 17 luglio 2017

Un mondo perfetto (1993)



In un mondo perfetto i bambini possono festeggiare Halloween, e il Natale, possono andare sulle montagne russe e mangiare chili di caramelle e zucchero filato, e soprattutto i bambini non vengono abbandonati dai padri, ma nel Texas del 1963, a pochi mesi dall'omicidio Kennedy le cose sono ben diverse e quando il presidente più amato dagli americani verrà assassinato, la gente si accorge che il mondo perfetto non esiste, non qui almeno.



Butch in carcere non doveva nemmeno starci, aveva passato qualche guaio, forse era un po' ribelle, ma nemmeno il peggiore; criminale lo è diventato in prigione, mettendo in dubbio anche la funzione correttiva degli istituti penitenziari. Decide così di fuggire per andare in Alaska, a trovare un padre che non ha mai conosciuto bene. Con lui ci sono il compagno di cella (lui si un vero "bad boy") e un ragazzino di otto anni, che i due sono stati costretti a prendere come ostaggio per garantirsi la fuga; presto però Butch si vede costretto a liberarsi del violento collega, continuando il viaggio solo con il piccolo Phillip.
Tra i due nasce subito una tenera amicizia, che diventa quasi un rapporto padre-figlio; in cui Butch riempie di consigli il bambino, perché si rispecchia in lui e vorrebbe che avesse un'infanzia felice, senza stupide limitazioni o proibizioni dovute ad un'assurda religione.



A inseguire la strana coppia, c'è un burbero Texas Ranger, responsabile dell'arresto di Butch quando questi era solo un ragazzo e un'affascinante e preparata criminologa, oltre a tutto lo staff del ranger Red Garnet e ad un antipatico agente dell'FBI.
Il viaggio "on the road", come spesso accade, ha valenza simbolica, qui è come una macchina del tempo, come dice lo stesso Butch a Phillip. Dietro di loro hanno il passato, dal quale stanno scappando, mentre avanti c'è l'Alaska, cioè il futuro, ma in mezzo c'è il presente ("goditi il presente" suggerisce l'uomo al suo piccolo compagno di viaggio).



E come spesso accade nei film di Eastwood, il finale è amaro, specchio che riflette il pessimismo del regista, e ritratto di una civiltà cinica, ben lontana da quell'idea di American Way of Life che aveva contribuito fino a quel momento a idealizzare il sogno americano; sogno dal quale la gente si sarebbe risvegliata un venerdì di fine novembre del 1963.



Cast in gran forma, dal "bandito" Kevin Costner, che ha dimostrato che con una solida sceneggiatura possa essere ancora un ottimo attore, a Clint Eastwood, che si ritagliato un ruolo su misura, passando per la sempre brava Laura Dern, in un ruolo tutt'altro che di contorno per finire con il piccolo T.J. Lowther, bravo ed espressivo, che suscita simpatia e tenerezza.